Uno dei canali preferiti dal neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump per comunicare con la stampa e con l’opinione pubblica americana è il suo account Twitter @realDonaldTrump. I cinguettii del Presidente sono spesso oggetto di discussioni, anche molto accese, e sono certamente uno degli elementi che più caratterizzano il suo stile comunicativo. Il linguista americano George Lakoff, attivista democratico e attento studioso delle neuroscienze applicate alla politica, ha cercato di capire il linguaggio di Trump, in particolare nei suoi tweet. Secondo Lakoff, per capire ed interpretare correttamente i cinguetti di Donald Trump, è necessario – in primo luogo – categorizzarli, inserirli all’interno di quattro categorie:
- Framing preventivo
- Diversivo
- Deviazione
- Ballon d’essai
1. Framing preventivo
Per Lakoff, la prima categoria utile per questa analisi è quella del framing preventivo o, per dirla in altri termini, proporre un frame su una specifica questione, senza lasciare all’opinione pubblica il tempo di sviluppare una propria idea.
Only reason the hacking of the poorly defended DNC is discussed is that the loss by the Dems was so big that they are totally embarrassed!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 7, 2017
In questo tweet, ad esempio, il Presidente Trump introduce implicitamente nel dibattito pubblico due punti di vista nuovi, che impongono e danno per assodato un nuovo frame sul tema dell’attacco hacker che ha colpito i democratici. In primo luogo: l’attacco deriva da colpe attribuibili al partito Democratico, non in grado di difendere i propri server (“poorly defended DNC”), e il risultato elettorale dei democratici è un’enorme ed imbarazzante sconfitta.
2. Diversivo
Un’altra categoria individuata da Lakoff è quella dei tweet diversivo, che hanno cioè lo scopo di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dai temi più rilevanti – che rischiano di erodere il consenso – verso temi secondari, più leggeri. L’esempio più lampante, secondo il linguista, è l’attacco sferrato da Trump verso Meryl Streep, subito dopo la cerimonia di consegna dei Golden Globes.
Meryl Streep, one of the most over-rated actresses in Hollywood, doesn't know me but attacked last night at the Golden Globes. She is a…..
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 9, 2017
Accendendo una polemica sul discorso di Meryl Streep, Trump cerca di portare l’attenzione (in particolare quella della stampa) lontana da temi più critici, come – in quel periodo – i rapporti con il governo russo. Diversivi di questo tipo, poi, portano la stampa a concentrare le proprie critiche sul Presidente; ma secondo Lakoff, Trump non ne è danneggiato:
Criticare direttamente Donald Trump è come dire “Non pensare ad un elefante!” – ho scritto un libro con questo titolo – o ripetere come Nixon “non sono un corrotto”. Negando qualcosa fai sì che la gente ci pensi. In questo modo si rafforza il punto di vista delle persone che si vorrebbero convincere. Bisogna sempre iniziare inquadrando le cose dal proprio punto di vista.
Secondo Lakoff, in questi casi, la stampa ha il dovere di riconoscere il tentativo di distrazione e continuare a discutere dei temi più rilevanti.
3. Deviazione
Uno dei bersagli preferiti dai tweet di Trump nell’ultimo periodo è proprio la stampa: negli ultimi mesi il Presidente ha più volte screditato il lavoro del mondo dell’informazione, accusandolo di produrre “fake news”, e di essere addirittura “nemico del popolo”. Lakoff classifica questi messaggi come deviazioni: quando Trump riceve un’accusa dal mondo dei media, risponde deviandola, “deflettendola” sul mittente. In questo modo, non solo riesce a schivare le accuse, ma lentamente, erode il consenso e la credibilità dei media mainstream al’interno dell’opinione pubblica.
The FAKE NEWS media (failing @nytimes, @NBCNews, @ABC, @CBS, @CNN) is not my enemy, it is the enemy of the American People!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) February 17, 2017
Per Lakoff la continua ripetizione di queste accuse ha un grande effetto sull’opinione pubblica, anche quando non sono particolarmente argomentate.
“Fake news”, “fake news” in continuazione, finché la gente non le riconosce come fake news; la maggior parte della popolazione non ha scelta, non può resistere [..] Il cervello funziona proprio così. Se un certo tipo di linguaggio riesce ad attivare un’idea che fisicamente è nella tua mente, ogni volta che viene attivata diventerà più forte. Più ascolti ripetere quel concetto e più si rafforza nella tua testa.
4. Ballon d’essai
Il ballon d’essai è il palloncino che veniva lanciato in aria prima della partenza di una mongolfiera, per capire la direzione e la velocità del vento. In campo politico/giornalistico, con questa espressione si indica una notizia divulgata con lo scopo preciso di «sondare le reazioni». Secondo Lakoff alcuni tweet del Presidente Trump sono “lanciati in aria” proprio per capire quali potrebbero essere le reazioni dei media e dei cittadini ad eventuali azioni di governo in quella direzione.
The United States must greatly strengthen and expand its nuclear capability until such time as the world comes to its senses regarding nukes
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 22, 2016
Il dibattito che si è scatenato – ad esempio – in reazione ad un tweet come questo, ha probabilmente fornito indicazioni molto interessanti allo staff di Ttrump per comprendere cosa potrebbe succedere nell’opinione pubblica in seguito ad un potenziamento degli armamenti nucleari statunitensi.
Lakoff fa anche notare che molto spesso i tweet del Presidente Trump contengono elementi di più categorie; talvolta anche di tutte e quattro.
Intelligence agencies should never have allowed this fake news to "leak" into the public. One last shot at me.Are we living in Nazi Germany?
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 11, 2017
Trump scrive questo tweet in risposta alle accuse di legami poco chiari con il governo russo, trapelate ai media dalle agenzie di intelligence. Il Presidente, prima cerca di ridefinire il frame, bollando le accuse come “fake news”; poi diverge l’attenzione sul “leak”, piuttosto che sulla notizia in sé. Accusando le agenzie di intelligence, Trump devia le accuse, e infine lancia un ballon d’essai suggerendo la necessità di rivederne le regole – simili a quelle della Germania nazista.
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