La 75esima edizione dei Golden Globe Awards è stata un’edizione all’insegna dei temi della parità di genere, della denuncia alle violenze e dell’uguaglianza, a seguito dello scandalo che ha segnato il mondo dello show business e che ha visto come protagonista (in negativo) il produttore cinematografico americano Harvey Weinstein.
Ad aprire la cerimonia è stato Seth Meyers, affermando ironicamente “Good evening, ladies and remaining gentlemen”. Non sono di certo mancati i riferimenti all’attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Nel suo discorso d’apertura, inoltre, Meyers ha ricordato quando, nel 2011 (non prevedendo di certo l’esito delle ultime elezioni presidenziali) aveva definito Trump incompetente a ricoprire la carica di Presidente. A posteriori, guardando la situazione attuale, ha scherzato definendo la conduttrice televisiva Oprah Winfrey inqualificabile per una futura, possibile candidatura.
Il discorso più toccante, e anche più discusso, è stato proprio quello di Oprah Winfrey, prima vincitrice afroamericana del premio alla carriera Cecil B. DeMille Award.
Classe 1954, nata a Kosciusko, nel Missisipi, Oprah è una conduttrice televisiva famosissima, attrice e filantropa. In nove minuti ha toccato diversi temi: da quello maggiormente inerente alla serata – la violenza di genere – alla questione razziale e delle pari opportunità, ricordando l’emozione di vedere premiato il primo afroamericano agli Oscar, Sydney Poitier. Inoltre, ha ribadito la forza della verità e la conseguente importanza della stampa per tutelarla.
Una vera e propria arringa è terminata con un messaggio di speranza verso un futuro in cui non ci saranno né abusi di potere maschile né donne che diranno ancora “Me too”, perché “Their time is up” (Il loro tempo si è concluso) e ora c’è la possibilità di un cambiamento all’orizzonte.
Alcuni hanno definito il suo un discorso “presidenziale” o un manifesto politico, una sorta di avviso verso una sua possibile candidatura alla Casa Bianca con i Democratici nel 2020. Che sia stato fatto volontariamente o meno, su Twitter hanno iniziato a dilagare gli hashtag #Oprah2020 e #OprahforPresident.
Quello a cui è sembrato di assistere è un’investitura dal basso, con Oprah chiamata a gran voce in campo per opporsi a Trump. Tendenza non frenata dal suo compagno, Stedman Graham, il quale ha detto al Los Angeles Times che, se le fosse richiesto di candidarsi, non si tirerebbe di certo indietro. E infatti la conduttrice non si è ancora espressa, probabilmente per vagliare le reazioni degli americani all’idea di averla come Presidente nel 2020.
In passato, la Winfrey aveva dichiarato di non sentirsi pronta per un’entrata in politica come candidata – anche se è stata una forte sostenitrice di Obama dal 2007 e ha supportato Hillary Clinton alle ultime elezioni – ma, dopo Trump, potrebbe aver cambiato opinione, come ha affermato a marzo 2017 durante un’intervista.
Alla luce di quest’ipotesi iniziano a formarsi due correnti di pensiero principali: da un lato, coloro che ritengono Oprah un’eccellente avversaria per Trump; dall’altro, chi vede invece molti rischi nella sua candidatura. Le due visioni si discostano essenzialmente su una questione: è corretto desiderare un futuro Presidente senza esperienza politica, anche se il candidato è dotato di notorietà e carisma, qualità importanti per guidare un Paese? Candidare Oprah significherebbe, come hanno evidenziato il New York Times e il Los Angeles Times, certificare che, dopo Trump, “chiunque” può diventare Presidente.
Negli USA l’entrata delle celebrità in politica non è una novità – basti pensare allo stesso Trump oppure, in precedenza, a Ronald Reagan come Presidente e Arnold Schwarzenegger e Jesse Ventura come governatori – ma proprio l’attuale Presidente dovrebbe essere già considerato un’eccezione piuttosto che la regola.
Tuttavia, secondo Richard Greene, esistono sette valide ragioni per desiderare Oprah Winfrey alla Casa Bianca, qui sintetizzate in quattro punti:
1. Incarna “Il sogno americano”, la self-made woman che ha raggiunto il successo nonostante le difficili condizioni di partenza.
2. È intelligente, curiosa, determinata e sensibile. Rappresenta quei valori spirituali cari all’America e quindi, nonostante la fama (e la consistenza del suo patrimonio), riesce a essere percepita come “una del popolo”.
3. È molto conosciuta. Può ispirare milioni di americani e allargare la partecipazione alle elezioni.
4. È una donna afroamericana. E questo di certo sarebbe un segnale positivo per tutti quegli americani che non possono trovare nell’era di Trump, un paese accogliente.
Secondo il Post, però, «Le manca tutto il resto: non ha mai avuto cariche politiche, pianificato e condotto una campagna elettorale, preso decisioni che riguardano migliaia o milioni di persone, e non possiede conoscenze straordinarie di politica, economia o relazioni internazionali». Per altri, ad esempio, l’assenza di esperienze politiche non è un problema: Jon Favreau, ex speechwriter di Obama e oggi conduttore di un podcast di successo, ha scritto questo su Twitter:
Ora restano l’attesa di una conferma o di una smentita da parte della conduttrice e, tra dieci mesi, gli esiti delle elezioni di midterm. I democratici vogliono davvero vincere nel 2020: potrebbe Oprah potrebbe condurli alla vittoria più facilmente rispetto alle più esperte Kamala Harris, Elizabeth Warren o Kristen Gillibrand?
(articolo a cura di Irene Proto)
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