Come sempre, osservare le elezioni americane permette di cimentarsi un po’ nell’arte delle previsioni: per tentare di capire quali sono i trend, sociali e politici, a cui la comunicazione politica farà riferimento.
Dopo il fenomeno Obama nel 2008, da cui abbiamo appreso l’importanza di una presenza sui social strutturata e ben organizzata, e il ruolo delle fake news sui social nell’elezione di Trump (inaspettata, per alcuni – imprevedibile, per altri) nel 2016, queste elezioni di mid-term sono utili per capire quali saranno i trend comunicativi che vedremo nelle prossime campagne elettorali.
Analizzando i dati contenuti nei report del Wesleyan Media Project (WMP), un’organizzazione americana che studia e analizza la portata degli spot politici, il sito Political Advertising ha provato a estrarre alcune lezioni dalle strategie che i candidati democratici e quelli repubblicani stanno utilizzando nelle proprie campagne elettorali.
- IL WEB CRESCE, MA LA TV COMBATTE
Si diceva fossero morte e sepolte, e invece le TV Ads (spot televisivi) sono vive e vegete, e lottano con noi. Nel primo semestre 2018 sono stati infatti calcolati più di 1 milione di spot TV andati in onda: circa il doppio rispetto alle midterm precedenti (550 mila spot nel primo semestre 2014)
Una crescita esponenziale dovuta, in primis, all’aumento del numero di candidati in lizza.
Dopo l’elezione di Trump, infatti, abbiamo visto scendere in campo fino a quattro e più candidati per parte, che danno vita così ad un’accesa competizione interna ai partiti, che spinge i candidati a cercare maggiore visibilità (anche a livello nazionale, come vedremo più avanti). Il calo delle tariffe degli spot televisivi, dopo la crisi che ha colpito i network, ha inoltre reso la TV accessibile anche ai candidati meno facoltosi.
Infine, è da notare come alcuni candidati, già noti miliardari in Illinois e Florida, dispongano di una maggiore disponibilità economica.
- I SOCIAL: TANTO VIDEO, TANTO TRUMP
Di contro, la sponsorizzazione sul web non crolla, anzi. Dopo il successo della campagna di Trump nel 2016, alcuni candidati prendono esempio. Beto O’Rourke, candidato dem in Texas, spende 3,5 milioni di dollari in sponsorizzazioni (principalmente su Facebook e sui principali canali web, mentre per gli spot TV investe “solo” 2,2 milioni) mentre Ted Cruz, suo avversario repubblicano, prova a rispondere con un investimento di circa 300 mila dollari sul web e 66 mila sulle TV.
Inoltre, tutti i candidati stanno cercando di “trumpizzare” la competizione: secondo WMP, su più di 500 inserzioni Facebook analizzate, il 43% di quelle dei candidati democratici menzionava il Presidente (di cui neanche una in chiave positiva), contro il 29% di Ads repubblicane (e di queste solo l’1% era critica). Una scelta strategica confermata anche dagli indici di fiducia di Trump, apprezzato dal 41,2% degli americani (fonte: RealClearpolitics.com) e che conviene soprattutto sui social, attivando così gli algoritmi che regolano la visibilità dei post: più un post è polarizzante, più è probabile che gli utenti interagiranno con commenti, like o condivisioni: e ad una interazione maggiore corrisponde una maggiore propagazione gratuita del contenuto.
- NAZIONALIZZARE CONVIENE
Alcuni candidati, inoltre, stanno sponsorizzando i propri contenuti non solo entro i confini dello stato in cui sono in corsa, ma su base nazionale. In questo modo, studiare le loro strategie ci dice molto su quelli che saranno gli obiettivi e le loro ambizioni in futuro. La ragione è presto detta: le elezioni di mid-term sono una vetrina perfetta per i candidati che si affacciano al 2020 con ambizioni nazionali.
Se alcuni candidati con la propria strategia svelano di non avere ambizioni presidenziali, concentrandosi soprattutto negli stati in cui sono in corsa, altri (come Bernie Sanders) mostrano invece di fare più di un pensiero a una corsa presidenziale nel 2020: il Senatore del Vermont ha speso nel proprio stato solo l’1% dei 550 mila dollari spesi, mentre in California ha investito il 18% di quella somma. Così anche Kirsten Gillibrand, Senatrice del dello Stato di New York: solo il 9% del milione e mezzo di dollari che ha speso sono stati destinati allo Stato della Grande mela.
Tanti candidati, tanti canali in cui investire, collegi molto ampi: dopo gli USA, la prossima campagna elettorale dove vedremo replicare condizioni simili saranno le Europee 2019.
E, in quell’occasione, vedremo quante di queste lezioni verranno messe in atto.
(A cura di Martina Carone)
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