Qualche settimana fa, Emmy Bengtson, vice social media director della campagna elettorale di Hillary Clinton, ha raccontato a Matt Shore – nel podcast del Guardian “Chips with everything” – il lavoro del team digital della candidata presidente, dall’inizio della campagna per le primarie all’8 novembre. Nonostante la campagna non sia stata sufficiente a consegnare alla Clinton le chiavi dello Studio Ovale, dal lavoro del suo staff sui social network si possono cogliere diversi spunti utili per chiunque debba sviluppare una strategia digital per un qualunque candidato.
1. La strategia deve essere cucita addosso al candidato
Può sembrare banale, ma la prima regola per una buon lavoro sui social è ricordare che non esistono regole universalmente valide. La strategia deve essere come un vestito di sartoria, cucito esattamente sul candidato per esaltarne le caratteristiche più efficaci. Emmy Bengtson, che lavorò alla campagna per la rielezione di Obama nel 2012, racconta che il diverso stile dei due candidati e il diverso contesto della campagna ha reso molto diverse anche le strategie per la comunicazione sui social.
Comunicare la politica sui social media riguarda in primo luogo l’identità del tuo candidato. Nessuno può negare che Clinton e Obama siano candidati molto diversi. Per la rielezione di Barack Obama, la cosa più importante era evidenziare i successi ottenuti; nel caso di Hillary è stato molto diverso: puoi raccontare i tuoi progetti per il Paese, ma non hai prove concrete da raccontare.
Bengtson racconta anche come le diverse personalità dei candidati hanno portato a strategie molto diverse. Con Obama, ad esempio, risultavano molto efficaci le sue foto durante gli eventi della campagna, con un blazer, magari intento a salutare dei bambini. Nel caso di Hillary, le stesse foto risultavano poco in linea con il suo profilo, ed è risultato più efficace concentrarsi sulle issues che più la caratterizzavano, cercando magari di sintetizzarle in un tweet.
2. Bisogna avere in ogni momento degli obiettivi chiari
La campagna elettorale per le presidenziali americane è molto lunga, e solitamente parte quasi due anni prima, con la campagna per le primarie. Un periodo così lungo ha ovviamente momenti molto diversi tra loro, ed è essenziale capire, per ogni fase, quali sono gli obiettivi, le sfide chiave della propria comunicazione. Emmy Bengtson, ad esempio, spiega che nelle prime fasi della campagna l’obiettivo principale era catturare l’attenzione degli elettori, che vedevano le elezioni troppo presidenziali troppo lontane per interessarsene. Subito dopo, l’obiettivo è diventato raccontare la storia di Hillary Clinton; l’ex first lady infatti poteva contare su un’enorme notorietà, ma anche su moltissimi pregiudizi. Era essenziale re-introdurre le persone alla storia della Clinton, in un modo nuovo, raccontandola non più come una politica di lungo corso, ma come una madre di Chicago che ha speso la sua vita per la giustizia sociale. Dopo le primarie, invece, l’obiettivo principale cambia ancora: la sfida principale è avere a che fare con l’avversario, rispondere alla sua narrazione in maniera efficace.
3. Prepararsi in anticipo può essere decisivo
Uno dei momenti più discussi della campagna elettorale è stato il tweet nel quale Hillary Clinton ha invitato Donald Trump ad “eliminare il suo account”.
Delete your account. https://t.co/Oa92sncRQY
— Hillary Clinton (@HillaryClinton) 9 giugno 2016
Quel “delete your account” è immediatamente diventato il tweet con più interazioni di tutta la campagna. Dietro quel successo, però, non c’è semplicemente un’intuizione particolarmente azzeccata, ma un’attenta preparazione dello staff. Emmy Bengtson racconta
Una delle cose importanti quando lavori sui social media è essere preparati, per poter essere agili e reagire velocemente. […] Qualche giorno prima, guardando i tweet di Trump ci era venuta in mente l’idea del “delete your account”, ma non ci sembrava il momento giusto. […] Quando abbiamo visto quel tweet il mio capo, Alex Wall, ha subito detto «credo che questo sia il momento giusto».
Prevedere le mosse dell’avversario ed essere pronti in anticipo a rispondere può aiutare a creare contenuti realmente efficaci e di successo.
4. Ogni social ha un suo pubblico (e un suo linguaggio)
La campagna digital di Hillary Clinton ha fin da subito occupato tutti le principali piattaforme: con un blog e con un profilo su Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, ma anche Snapchat, LinkedIn, Spotify e Pinterest. Bengtson spiega che una delle ragioni di questa scelta era dimostrare che Hillary stava facendo sul serio, e raccontare la sua storia nel miglior modo possibile. Per fare questo è stato necessario comprendere che ogni piattaforma offre un’esperienza diversa, a community spesso molto diverse.
Su Facebook pubblicavamo soprattutto video per mostrare alla gente chi è Hillary, mostrando anche la sua storia e le persone che ha aiutato. Su Twitter cercavamo di adattarci al mezzo, parlando più di Trump, cercando di dare contenuti brevi, incisivi e più “intelligenti”; è un ambiente competitivo, ci sono molte persone che si interessano di politica. Su Instagram mostravamo l’energia della campagna con foto molto belle dal nostro straordinario fotografo. […] Volevamo essere molto consapevoli, non semplicemente fare una campagna su tutti i social, ma capire veramente perché usare una piattaforma, quali sono le persone che la usano, come dovremmo parlare con loro. Non esiste un approccio universale, bisogna capire come le persone vogliono consumare il tuo contenuto in modo che sia divertente, sorprendente, tosto, e ovviamente capace di informare.
Comments are closed.